Il Sole 24 Ore
Tre strade (e un cambio di mentalità) per completare il riciclo della plastica
Le tre frontiere che coniugano ambiente, economia e plastica sembrano essere: riciclo molecolare, Css e biodegradabilità. Sono frontiere tecnologiche, cioè la barriera da infrangere è legata solamente in modo secondario alle tecnologie; il vero confine che trattiene lo sviluppo futuro delle materie plastiche è soprattutto normativo e culturale.
In altre parole, il primo nemico dell’ambiente non è la plastica bensì l’idea distorta che della plastica ha il pensare comune, il quale si riflette sui politici ansiosi di consenso e di conseguenza si manifesta sulle regole. Per esempio l’imposta di fabbricazione sui prodotti a uso-singolo, che partirà in estate, viene percepita dal pensare comune come una forma di tutela dell’ambiente, ma chi si occupa in termini professionali di riciclo delle materie plastiche sa già che con ogni probabilità la tassa sarà tutt’altro che eco, anzi si annuncia come una sconfitta ambientale sonora.
Non è un caso che la Cina abbia appena deciso di cambiare rotta e di puntare investimenti, risorse e strumento normativi proprio su queste tre vie d’uscita per la plastica, cioè il riciclo, le bioplastiche e l’utilizzo come materia prima combustibile.
Frontiera molecolare
Viene chiamato riciclo molecolare, o riciclo chimico. Si tratta di dissolvere le molecole di cui è costituita la plastica per tornare agli elementi chimici originari, ai mattoncini della chimica. Per questo motivo si chiama anche riciclo chimico. Tornati alle molecole originarie di cui è formata la plastica, il ciclo ricomincia con un riciclo: la plastica viene ricostituita.
Quale vantaggio c’è? Il vantaggio primario è che — senza consumare nuove risorse e togliendo dal circuito dei rifiuti la plastica usata che contamina l’ambiente — si ottiene materia “prima” purissima, sterile, con tutte le proprietà del materiale migliore.
In altre parole il riciclo chimico supera i limiti della plastica riciclata in modo meccanico con le tecnologie fondi-e-rimpasta.
C’è un tema di qualità del materiale (nella plastica riciclata ordinaria ci sono frammenti di altre plastiche o di altri materiali che rendono poco commerciabile il prodotto finito), c’è un tema di igiene e sicurezza (gli alimenti sono conservati in materiali ricavati dai rifiuti) e c’è un tema di prestazioni tecniche (a ogni riciclo meccanico si perdono proprietà come elasticità, resistenza).
Il Combustibile dai rifiuti
Si chiama Css, sigla di Combustibile solido secondario, ed è un combustibile di alta qualità ottenuto da plastica, carta e altri materiali ad alto contenuto calorico. Il Css è prodotto secondo standard internazionali e di legge ed è un combustibile usatissimo in Europa.
Bruciare la plastica in sostituzione di combustibili fossili come il petrolio o il carbone è la forma residuale di riciclo, la meno auspicabile, ma è l’alternativa di gran lunga migliore per evitare la vergogna ambientale della discarica o — peggio — il dramma della dispersione nell’ambiente, un uso purtroppo abituale soprattutto nell’Asia che vomita i rifiuti in fiumi e oceani.
Diverse aziende italiane ad alta tecnologia si sono specializzate nel ricavare materiali combustibili di pregio dalle plastiche miste che non si riescono a riciclare perché troppo mescolate e sminuzzate per essere trasformate in nuova plastica. Nuovi impianti sono in partenza. Ma il caso più interessante è quello della siderurgia.
Il Css è un ottimo “riducente” degli altiforni in sostituzione del coke. Ci sono progetti per sperimentarlo a Taranto nell’Arcelor Mittal , come già avviene in Austria: l’acciaieria modello della VöstAlpine di Linz, che fa scuola in tutta Europa, ogni anno usa 10mila tonnellate di plastica che arriva dalle raccolte differenziate Corepla fatte in Italia.
La plastica biodegradabile
È una sfida ambientale, sociale ma soprattutto industriale: in Italia, in Europa e nel Mondo la richiesta di plastica biodegradabile è assai più forte della disponibilità di mercato.
È?un fenomeno sociale e ormai anche i caffè eleganti del centro storico e i bar di tendenza dell’happy hour si definiscono plastic free e servono cannucce di paglia, piattini di carta (importata dalla Cina) e bicchierini di plastica biodegradabile.
Così non c’è abbastanza plastica biodegradabile per prodotti rigidi, in genere il Pla (a base di acido polilattico), e i prezzi corrono. La domanda è molte volte superiore all’offerta.
I colossi del settore — per esempio Basf, Novamont, Eni — stanno investendo in nuova capacità produttiva. Finché non arriverà il carro armato industriale cinese: e quando i cinesi investono, lo fanno in dimensioni per noi irraggiungibili.
Jacopo Giliberto